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L’affermazione iniziale del volgare avviene con molte difficoltà: da un lato s’impone l’uso della lingua di tutti i giorni, dall’altro – essendo questa lingua divisa in tanti dialetti e scarsamente definita – c’é il rischio di creare una letteratura sempre subalterna al latino, il quale, nonostante non sia più parlato dalle masse, resta la lingua scritta universale. Di qui l’esigenza di trovare un compromesso, di creare, cioè, una sorta di volgare “nobilitato” e illustre, adatto sia ai colti che al popolo, un volgare elevato alla dignità espressiva del latino.
La lingua volgare scritta nasce e si sviluppa nel corso del XIII secolo; nasce in un periodo in cui nuovi intellettuali emergono dalla situazione di benessere socio-economico legato all’affermarsi dei Comuni (specie nell’Italia centro-settentrionale), che si verifica nel corso dell’XI secolo e soprattutto del XII.
Da questi nuovi strati sociali risaltano persone colte non più collegate alla Chiesa né di provenienza nobiliare. Le loro prime forme espressive non sono originali sul piano dei contenuti data ancora la forte influenza di un clima teologicamente tipico medievale: lo Stato è visto come il braccio secolare della Chiesa, non come una forma associativa laica tra gli uomini. In tutti i casi i nuovi intellettuali usano esprimersi con la lingua del popolo in contrapposizione alla lingua dei dotti.
Tutto ciò per sottolineare come la “dottrina” da sempre indichi quali siano i “dotti” e come da sempre da questa ci si cerchi di affrancare.VIGILATE ET MEDITATE