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Book bag, borsa, borsalibro, creativo, Ferdinand De Saussure, Kafka, libro, linguaggio, parole, scrittore, scrittura
Continuando a scrivere parole, vorrei ricordare Ferdinand De Saussure che nella raccolta delle sue lezioni tenute a Ginevra tra il 1906 e il 1909, pubblicata postuma e intitolata Corso di linguistica generale, distingue nettamente tra “lingua” e “parola”: dove lingua rappresenta il momento sociale del linguaggio ed è costituita dal codice di strutture e regole che ciascun individuo assimila dalla comunità di cui fa parte, senza poterle inventare o modificare e dove parola è invece il momento individuale, cangiante e creativo del linguaggio,
ossia la maniera in cui il soggetto che parla “utilizza il codice della lingua in vista dell’espressione del proprio pensiero personale”. Vengono a contrapporsi così la componente individuale del linguaggio, cioè l’uso che il singolo parlante fa della lingua e la sua componente sociale, ovvero il contesto generale in cui la lingua viene usata quale retaggio culturale del proprio ambiente. La lingua non si confonde con la totalità del linguaggio ma ne è una determinata parte.
TheCoevas Official ha detto:
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dafnevisconti ha detto:
Affascinante la distinzione concettuale fra lingua e parola. In effetti nel tentativo di esprimermi al meglio mi capita di provare uno sforzo mentale corrispondete, credo, a queelo creativo che tutti impieghiamo quando vogliamo dire qualcosa di significativo all’altro. O no?
giuseppevalerio ha detto:
Eh sì! Si possono conoscere tutte le parole di una lingua (cosa già di per se difficile, in quanto l’uomo “normale” di una lingua conosce sì e no 600 parole), ma “il dono della parola”, come io dico purtroppo molto spesso, sono in pochi ad averlo.
La comunicazione è la spinta dell’uomo al rapporto con gli altri e non saper comunicare significa essere destinati alla solitudine.
E’ molto triste non rendersi conto della bellezza di un libro scritto bene, di una bella musica, di un bel dipinto, del rumore di una cascata o della pioggia.
Il RUMORE parla, e quando leggiamo un libro nella nostra mente sentiamo le parole che riecheggiano come se ce le leggesse l’autore stesso.
E basta anche solo pensare al motivo della esistenza dei vari significati di una stessa “parola”. Un esempio: i sumeri avevano 600 grafemi, ai quali si associavano 6000 fonemi. Un rapporto 1 a 10. Alcuni grafemi arrivavano persino a 50 fonemi. La sfumatura della parola. L’insieme delle “parole” altro non è che la composizione artistica di un dipinto, colori ben accostati che suscitano emozioni. Il COLORE è MUSICA, è PAROLA, è COMUNICAZIONE.
dafnevisconti ha detto:
mi spiego un po’, in questo modo, il senso di estraniazione che a volte mi coglie, mentre sto scrivendo (quindi usando parole) su temi che smuovono le mie emozioni: sento lo sforzo ed il piacere delle parole che fluiscono e piano piano si affinano, avvicinandosi sempre più alla sensazione che ho in mente di rendere all’esterno.
codicesociale ha detto:
Lascio un piccolo commento, senza avere nulla a pretendere, dal momento che le mie competenze nel settore sono meno che zero!
I dualismi non mi sono mai piaciuti, di solito lo si fa quando non si riece a capire sino in fondo la natura di un fenomeno, come ad esempio tra corpo e anima piuttosto che tra mente e cuore, così pure tra parola e linguaggio, in fondo emettono lo stesso suono, a meno che non si pensi, allora l’elaborazione dei “rumori” diventa più tangibile, perchè ci si esprime a un livello più interiore, più intimo se vuoi, e in quanto tale privo di quei condizionamenti sociali, psicologici e linguistici tipici i tutti noi quando aprendo bocca produciamo disarticolati rumori ancestrali.
borsalibro ha detto:
Ho letto diversi pezzi del tuo blog e uno anche a mio figlio più grande perché mi piace il tuo ragionamento davvero razionale, concreto e ricco di dati inconfutabili.
Per quanto riguarda il “dualismo” penso tu ti riferisca alla distinzione che riporto tra Langue e parole (alla francese) che vede il linguaggio il veicolo sovrapersonale per scambiarci le parole; parole nuove rendono vivo il linguaggio e danno nuovi orizzonti alla mente umana. Il tuo commento mi dà modo di riflettere, anche se concorderai con me che esiste società dove esiste comunicazione: un trasmettente, un messaggio, un codice e un ricevente.
Il nostro scriverci qui dentro, per noi che non abbiamo qualcosa da venderci, avviene nella speranza di accrescere la comune conoscienza e di aprire altre finestre sul panorama del sapere. (scusa il parolone…) Grazie, ciao
Cristina C.
codicesociale ha detto:
Grazie per l’attenzione, rivendico il diritto di seguire le tue parole…